Me stesso

mail: willy.piccini@gmail.com

Confesso che ho vissuto.

S’intitola così un bellissimo libro (autobiografico) di Pablo Neruda. Anche se comprende di non essere molto originale però, l’estensore di queste brevi note d’introduzione al sito si arroga, piuttosto convinto, il diritto di poter prendere a prestito tale affermazione. Molto affascinato da ragazzino dalla Kim Novak di “Vertigo” che nella versione italiana decisero d’intitolare “La donna che visse due volte” si è, col passar del tempo, persuaso di averla ampiamente superata: ha vissuto molte vite.

Willy nasce a Trieste il 29 luglio 1948, a San Giacomo nella fattispecie, con Rena vecia, il più triestino dei rioni. Nasce, rigorosamente in casa, in via del Rivo 13, levatrice Signora Fulvio (Fulvio, curiosamente, di cognome). Già dal suo nome di battesimo si può intuire una certa peculiarità. Egli vanta infatti 536 anni di antenati austriaci che, pur triestini, nascevano a Vienna per tradizione familiare, e del passato buongoverno asburgico hanno sempre conservato un ottimo ricordo.

A casa, a Vienna, Linke Wienzeile 4, sulla strada per Schönbrunn, a pochi metri dalla Karlskirche e dal nostro amato Ring

La sorte ha poi voluto che nascesse e trascorresse l’infanzia durante il periodo del Territorio Libero di Trieste di cui conserva, corsi e ricorsi storici, un ottimo ricordo. In illo tempore, i suoi genitori lo portarono a vedere, al cine Popolo, un bel film in bianco e nero: Corriere diplomatico di Henry Hathaway. Prima di zoomare su una carta geografica, una voce fuori campo nominava i punti più irrequieti del mondo: la Corea, Tokio, Berlino, Trieste. Osservando dal finestrino di un bimotore, Tyrone Power affermava che, pur avendo visto tante città, non era mai stato a Trieste. Il suo interlocutore ribatteva: “È una città interessante. Quello che durante la guerra erano Lisbona e Istanbul, adesso è Trieste: spionaggio, controspionaggio, informatori, titini, antititini, stalinisti, antistalinisti, ed in più diecimila soldati inglesi ed americani, una popolazione simpatica ed entusiasta, marinai d’ogni paese. Il mondo in una città!” Andava ripetendosi, praticamente, quello che era già stato dalla settecentesca proclamazione del porto franco fino al termine della prima guerra mondiale. Quello che non c’è più. Qualcuno di buona volontà, magari, potrebbe riuscire ad intuire perché? In ogni caso, anche grazie alla sua nascita durante il brillante periodo del Territorio Libero di Trieste e alle note peculiarità della sua città cosmopolita, Willy Piccini è un cittadino del mondo che rifiuta con orrore una qualsivoglia identità nazionale. Le uniche bandiere a cui guarda con affetto sono quella rossa con bianca alabarda al centro e quella arcobaleno della pace. Se, faziosamente, è disposto a difendere i propri ideali, non combatterà mai a fianco di nessun esercito regolare e, se una bandiera dovesse difendere, sarebbe quella delle Belle Lettere. Dichiara perciò la sua fedeltà al re Xavier I che è andato personalmente a conoscere ed omaggiare. (I pochi che non conoscono el Reino de Redonda dove, tra gli illustri duchi, Claudio Magris è Duque de Segunda Mano, potranno trovare notizie su Wikipedia, meglio sulla versione spagnola http://es.wikipedia.org/wiki/Reino_de_Redonda dove l’elenco dei duchi del Regno è completo).
La sua prima infanzia (parliamo sempre di Willy, eh!) si chiude nel 1955 quando, complici vari episodi succedutisi in quell’anno, esce dalla fiaba “Cinque in un baccello” di cui si era creduto protagonista. Scompare un Willy bambino che non tornerà mai più. Di questa e di altre metamorfosi si evince qualcosa nella lettura del suo libro “Una corsa incontro al passato”. Sarà, in ogni caso, soltanto il primo dei Willy sempre diversi che il nostro si lascerà alle spalle. Che poi forse capita a tutti di non provare oggi quello che abbiamo provato ieri, allo stesso modo in cui domani non riproveremo quello che abbiamo provato oggi, perché né ieri né domani siamo gli stessi. Certo, a lui spiacerà sempre aver perduto il bambino che era stato, l’adolescente che era stato, il giovanotto idealista che credeva fermamente nell’amore e nell’amicizia pura che era stato. Vorrà sempre bene a quei tre, ma non ci sono più. E sono scomparsi anche vari che si sono susseguiti, qualcuno cancellato da eventi estremamente negativi, altri dalla fretta di voltar pagina, di depennare dall’agenda il già svolto, nel desiderio che l’oggi passi in fretta e che sia presto domani per guarire da un malanno, perché inizino le vacanze, perché arrivi lo stipendio o l’agognata pensione. Sorprendentemente, fra i tanti individui che lui è stato, non si trova più nemmeno il Peter Pan che tanto l’aveva colpito da bambino ed in cui ha voluto identificarsi per lustri lustri e lustri. Nel piacevole film Hook si narra di un Peter Pan imprevedibilmente cresciuto, anche se non certo come Wendy, ormai diventata una vecchia signora. Per molto tempo ancora è rimasto il ragazzo di sempre, ma l’incontro con Moira, con il vero grande amore, coesione di amicizia, complicità ed intimità, gli ha fatto comprendere la bellezza di proseguire il cammino assieme a lei. Per cui, presumibilmente, è stata quella che chiamano Serendipity, la magica congiunzione astrale grazie alla quale incontriamo la cosa giusta al momento giusto, a fornire all’estensore di queste note, una nuova, migliore, personalità richiudendo Peter Pan nel cassetto dei ricordi.

Di lui oggigiorno possiamo dire ancora che rimane un estroverso spirito bizzarro, con un più che decoroso “sense of humour” un sognatore, libero e libertario, che vede normalmente il bicchiere mezzo pieno ed è riuscito a barcamenarsi anche nelle congiunture peggiori, alternando momenti di riflessione e solitudine ai fortunatamente più numerosi momenti di vita sociale. E’ sempre, in ogni caso, un idealista che cerca di rimanere se stesso senza grosse paure di adeguarsi alle aspettative degli altri per cui se qualcuno dovesse impelagarsi nella parte del sito denominata “Il polemista” si richiede comprensione. Si fida di Kant che diceva: “La gente a volte può anche non capirti, ma bisogna seguire i propri ideali. Se sei in pace con te stesso, fai le cose con serietà e coerenza…”  E possiamo fermarci qui.
Non è stato solo il suo idealismo, a volte, a non essere capito. I familiari non hanno compreso neanche la sua persona od i suoi interessi. Bisogna pensare che nel summenzionato “baccello” dei cinque dell’infanzia, suo padre ed i suoi due giovanissimi zii erano persone straordinarie, mani che trasformavano in oro tutto quello che toccavano. Non serviva un quarto e lui, che denomina “da meccanico” tutti i lavori manuali per cui non sembra molto portato, ha preso un’altra strada ed agli attrezzi da lavoro ha preferito i libri da leggere e lo scrivere. Lo ha confortato Seamus Heaney con la poesia “DIGGING”:

Between my finger and my thumb
The squat pen rests; snug as a gun.

Under my window, a clean rasping sound

When the spade sinks into gravelly ground:

My father, digging. I look down

By God, the old man could handle a spade.

Just like his old man.

My grandfather cut more turf in a day

Than any other man on Toner’s bog…

The cold smell of potato mould, the squelch and slap
Of soggy peat, the curt cuts of an edge

Through living roots awaken in my head.

But l’ve no spade to follow men like them.

Between my finger and my thumb

The squat pen rests.

l’ll dig with it.

Quatta quatta con il colpo in canna
fra medio e pollice sta la penna.

Sotto la finestra un raspo netto all’internarsi
della vanga nel terreno ghiaioso:
È mio padre che dissoda. Guardo in basso…
Per Dio, il vecchio ci sapeva fare
con la vanga. Come il suo vecchio.
Mio nonno in una giornata tagliava più torba
di chiunque altro nella torbiera di Toner…

Il freddo afrore di terriccio di patate, risucchio e stacco
da torba in guazzo, secco taglio della lama
nelle radici vive, mi si risvegliano in testa.
Ma non ho vanga per seguire uomini come loro.

Fra medio e pollice

quatta quatta sta la penna.

Sarà la mia vanga.

Dicono che i peggiori briganti sono attratti dalla politica, i più sconvolti sono portati per l’arte, i malati di mente passano il tempo a scrivere libri. Beh, potrebbe esser vero. In ogni caso tutti abbiamo una nostra forma privata di pazzia. Se è d’intralcio a troppa gente ti qualificano matto. Willy spera di non intralciare troppi e, riconosciuto fan di Francesco Guccini, prende a prestito anche un suo verso: “Ho tante cose ancor da raccontare, per chi vuole ascoltare…” Poi, per decenza, si ferma.

Abbandonando il troppo pomposo uso della forma verbale in terza persona singolare che di tanto in tanto uso in questo sito direi che beh, e l’ho anche scritto in un mio raccontino, confesso di sentirlo l’animo dello scrittore, quello che dà ad ogni parola il valore di una pietra rara con cui si costruisce un tempio. Poi magari si tratta di un pollaio, ma il sentimento di grazia rimane lo stesso. Un certo talento avrà sicuramente la sua importanza, ma bisogna lavorare e lavorare con fatica per arrivare al piacere totale, fisico e mentale che mi dà la scrittura, lo sperdimento di scrivere che dà un senso speciale alla vita. Ai corsi di scrittura creativa tenuti dall’amica Carla Mocavero è successo ogni anno di avere la quasi certezza di non riuscire a soddisfare le sue richieste. Che ne so delle favole, un giallo non l’ho mai letto, un titolo come “La memoria come attesa”? Questo proprio non lo so. Eppure ogni anno, senza sapere perché, all’improvviso sboccia qualcosa ed addirittura, se sei a letto, devi correre almeno ad annotare qualche appunto. Poi la matita di legno, perché io scrivo unicamente con quella, parte velocemente,  quasi da sola. E’ facile in seguito trasporre il tutto su computer dove, alle infinite cancellazioni e correzioni ne aggiungo altre perché il segreto è rileggere e rileggere e trovo sempre qualcosa che è possibile migliorare. Una volta un tizio vedendo una mia illeggibile brutta copia zeppa di correzioni e di asteriscati rimandi mi accusò di insincerità perché, secondo lui peccavo di ipocrisia e falsità se dovevo cambiare quello che avevo scritto di getto. Eh no, non è così, la scrittura è sofferenza ed io devo e voglio essere meticoloso. Bisogna capire che la strada che (forse) porterà al mare è tortuosa e accidentata. Che poi anche quando hai finito non sei mai sicuro di quello che hai combinato. Hai la preoccupazione della figuraccia o del non venir capito, sulla stessa linea di partenza della speranza che al termine di quello che è stato quasi un calvario possa splendere una luce. E puoi finalmente rilassarti ed anche sorridere quando chi ti vuol bene, leggendo quello che sei riuscito a tirar fuori, ti elogia. Sia che si tratti di qualcosa che tutti apprezzeranno e ti varrà magari qualche premio, sia che si tratti solo di una segnalazione al giornale per un malfunzionamento delle Poste!

Mi fa piacere inserire, a questo punto, una prefazione di Raymond Carver ad una sua antologia:

«Se siamo fortunati, non importa se scrittori o lettori, finiremo l’ultimo paio di righe di un racconto e ce ne resteremo seduti un momento o due in silenzio. Idealmente, ci metteremo a riflettere su quello che abbiamo appena scritto o letto; magari il nostro cuore e la nostra mente avranno fatto un piccolo passo in avanti rispetto a dove erano prima. La temperatura del nostro corpo sarà salita, o scesa, di un grado. Poi, dopo aver ripreso a respirare regolarmente, ci ricomporremo, non importa se scrittori o lettori, ci alzeremo, e, “creature di sangue e nervi”, come dice un personaggio di Cechov, passeremo alla nostra prossima occupazione: la vita. Sempre la vita».

CONTINUERA’… non penserete di cavarvela così. Oltre alle altre pagine che correrete immediatamente a consultare per il piacere mio, ma soprattutto vostro, diciamo che probabilmente, prima o dopo ne verrà inserita una ulteriore, tipo “i miei miti” o qualcosa del genere. Anticipiamo che sicuramente ci sarà spazio per Alba Rohrwacher, Wolfgang Amadeus Mozart e Claudio Magris, che Willy Piccini adora. Non diremo che adora Woody Allen, Willy Piccini è Woody Allen, o per lo meno il regista controlla giornalmente le sue mosse per realizzare, annualmente, un film.

Re Xavier I

4 commenti

  1. Ciao Willy ho letto intanto la tua prefazione al sito e ti ritrovo come ti ho lasciato tanti anni fa, con lo stesso pensiero, è vero che tutto cambia ma non troppo!!!!! e aggiungo meno male altrimenti non ti avrei riconosciuto.
    Grazie e continua a scrivere.

    Maurizia

  2. Willy, te son un mito!! son contenta di averti conosciuto! sappi che sono una tua fan! un abbraccio immenso e un grande in boca al lupo per tutti i tuoi progetti!
    con affetto, Natalia

  3. Caro W. ora che abbiamo iniziato un bellissimo lavoro in collaborazione mi auguro che il tuo entusiasmo e la tua grinta possano essere una guida per i giovani amici incontrati, ben consci che non il sapere si tramanda ma la passione!
    Un abbraccio, fra

  4. Carissima Fra, ti ringrazio per le belle parole d’incoraggiamento. Io spero vivamente, anzi sono fiducioso che riusciremo ad avere noi stessi e soprattutto i nostri giovani amici delle soddisfazioni. Come affermi tu, cercheremo di tramandare la passione e già il fatto che crediamo fermamente in quello che facciamo è, per l’appunto, un gran primo passo. Il riuscirci sarà per noi un bellissimo risultato.
    Ricambio l’abbraccio.

    W.

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